Cos’è il congedo mestruale? La situazione in Italia e nel mondo per chi mestrua e lavora

Per le persone che soffrono di dolori mestruali intensi i giorni della fase mestruale possono essere una vera agonia, specialmente se devono recarsi al lavoro e realizzare un’attività (fisica e/o intellettuale).

Per chi lavora chiedere uno o più giorni di malattia o permesso al mese non è possibile, per varie ragioni: ecco quindi che ci si ritrova a doversi dedicare a un’occupazione in un momento in cui il corpo chiede – e ha bisogno – di tutt’altro.

In alcuni Paesi del mondo esiste già il congedo mestruale (“menstrual leave”): si tratta della possibilità per chi lavora di astenersi dal lavoro per uno o più giorni al mese – a volte in maniera retribuita e a volte no – quando si hanno le mestruazioni, se queste provocano dolori o fastidi incompatibili con il normale svolgimento delle mansioni lavorative.

Quali sono i Paesi in cui esiste il congedo mestruale?

Questo “concetto” cominciò a prendere piede in Giappone negli anni ‘20 del 900, ma fu solo nella seconda metà degli anni 40 quando la legge entrò in vigore, rendendo così il Paese nipponico il primo a introdurre questa misura.

Ora anche in Indonesia, Corea del Sud e Taiwan hanno una legge in merito, mentre ci sono aziende ubicate in Paesi che non prevedono il congedo mestruale che l’hanno comunque adottato come politica aziendale: la Nike lo fa dal 2007 mentre la Coexist (una piccola azienda di Bristol) dal 2016.

Qual è la situazione in Italia?

Nella primavera del 2017 c’è stata una proposta di legge per introdurre anche nel nostro Paese fino a tre giorni al mese di congedo mestruale retribuito; questa proposta però, purtroppo non ha più avuto seguito.

Secondo la proposta si poteva avere diritto ai giorni di congedo solo presentando un certificato medico, da rinnovare di anno in anno, che attestasse la dismenorrea e quindi l’impossibilità (o difficoltà) di svolgere il proprio lavoro durante i giorni della fase mestruale.

Congedo mestruale: aiuto o discriminazione?

Sia nei Paesi in cui il congedo mestruale già esiste sia in quelli in cui è stato proposto (Italia compresa) esiste un dibattito che, da una parte, porta tante persone a temere che una misura del genere vada inevitabilmente a discriminare le donne sul lavoro e, dall’altra, altrettante persone a vederlo come una legge necessaria.

Ancora oggi purtroppo c’è un grande divario lavorativamente parlando tra uomini e donne: non parliamo solo di gap salariale, ma anche di opportunità; una donna rispetto a un uomo ha meno possibilità di essere assunta perché entrano in gioco tutta una serie di dinamiche (farà figli? Rimarrà a casa in maternità? Mancherà spesso dal lavoro per accudire i bambini?) che non vengono prese in considerazione per gli uomini.

Per questo c’è chi crede che rendere obbligatorio il congedo mestruale non farà altro che peggiorare la situazione per le donne che lavorano o cercano lavoro; è purtroppo vero che, anche nei Paesi in cui il congedo mestruale esiste, molte donne non ne fanno uso proprio per il timore di essere poi discriminate sul posto di lavoro.

Non possiamo però nascondere che l’uomo e la donna, pur avendo diritto a pari opportunità, sono biologicamente diversi: le donne hanno necessità dettate dalla loro fisiologia che gli uomini non hanno (e viceversa).

Per una donna che sta 8 ore davanti al computer un leggero mal di pancia può essere fastidioso senza però arrivare a compromettere la sua capacità di svolgere l’attività che sta facendo: non è la stessa cosa per una neurochirurga, per esempio!

Per alcuni lavori anche un minimo disturbo fisico può essere invalidante (senza contare che alcuni dolori mestruali intensi possono rendere impraticabile qualsiasi tipo di attività).

Questo non significa che quando una persona ha le mestruazioni debba sentirsi “malata” (spesso l’idea del congedo mestruale viene rifiutata perché le mestruazioni non sono una malattia): si tratta di un processo naturale e fisiologico che, come abbiamo visto, può però in alcuni casi provocare disturbi davvero intensi.

Permettere alle persone che soffrono di dismenorrea di di stare a casa dal lavoro potrebbe essere un importante passo per lasciarsi alle spalle lo stigma delle mestruazioni e smettere di pensare che quando una persona è nella fase mestruale del ciclo debba ignorare il proprio corpo, “sopportare” il dolore e andare avanti come se stesse benissimo perché tanto “sono solo mestruazioni”.

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Di Stella Fumagalli

Classe 1986, scrivo su diversi blog dal 2011. Sono un'appassionata di scienza, femminismo, animali, film horror e tatuaggi. Amo leggere, odio cucinare, sono intollerante con chi non tollera. Stay human.

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